Abbiamo di recente scoperto l’arte di Lorenzo Carlo Perin che terrà una mostra dal 26 marzo al 16 aprile a Corbetta, presso Milano, nella Torre altomedievale. E’ considerato il fondatore di una nuova arte che, rapidamente, si sta trasformando in movimento artistico: “l’arte radicale”. Le opere che verranno esposte a Corbetta sono direttamente ispirate al libro “Soggetto Radicale” del discusso Aleksandr Dugin. Abbiamo intervistato l’artista per voi. Questa è la storia di quell’intervista.
Milano, anno del Signore 2022.
Nebbia in stazione centrale e sulle guglie.
Sbuffo un lungo fiato bianco mentre mi guardo attorno. L’ombra del Duomo già mi copre incombente mentre guardo l’orologio: le 08.05.
“Che orario è mai per un appuntamento le otto e cinque?” penso “o alle otto oppure alle otto e un quarto, otto e mezza…”.
Vedo la persona che attendevo. Non ho dubbi, è lui: capelli lunghi grigi, di un grigio militare, la pelle diafana mi pare quella di un vampiro.
Gli vado incontro e col sorriso più commerciale del mondo lo saluto calorosamente come se non aspettassi altro da giorni.
Lui rimane freddo, impassibile, il nostro dialogo si chiude con un suo laconico “buon mattino a lei”.
Poi si incammina con in spalla il suo silenzio, non posso far altro che seguirlo.
La città intanto si sveglia, rumoreggia accompagnando i nostri passi muti, sembra un rumoroso fiume che trascina via due foglie secche.
Si ferma di colpo davanti a una chiesa, lo guardo nei suoi occhi azzurri, non un azzurro cielo ma un blu quasi elettrico, proveniente dall’infinito come l’anima di tutti gli artisti.
Ho già capito che quella è una delle uniche occasioni che mi darà per parlare; vado a bruciapelo: “Maestro come nasce la sua vita artistica?”
“Non c’è stato un giorno in cui ho deciso di voler fare il pittore, ma ho sempre disegnato sin da quando ne ho memoria. Le immagini sono il mezzo attraverso il quale riesco ad esprimermi, le preferisco alle parole”.
Si infila nella porta delle Chiesa e lo seguo mentre attraversa rapidamente la navata e prendendo una porticina laterale che porta a un chiostro.
Quell’incedere antico dei suoi passi mi fa nascere il sospetto che mi stia beatamente prendendo per il culo.
Si ferma a contemplare una immagine, la fissa ma i suoi occhi non si muovono, come se stesse fissando un singolo dettaglio. Guardo lui e l’immagine. Una immagine sacra qualsiasi, almeno ai miei occhi, ne ha visto chiunque centinaia.
Sospetto apertamente di lui, della sua arte, della sua vita, quasi della sua esistenza. E’ uno che si sta creando il personaggio e basta.
“Questa per lei è arte?” mi chiede. Alleluja, sa anche parlare.
“Suppongo di si o almeno il mondo la riconosce come tale. E per lei? Cos’è l’arte?”
“Potrei dire che l'”arte”, in qualsiasi sua forma e facendo rientrare in questo termine anche ciò che oggi chiamiamo “artigianato”, siccome questa distinzione è nata solo con la modernità, sia il punto di congiunzione tra il Cielo e la Terra. Essa è un’idea che si incarna nella materia, la Verità messa in opera, essa è la sintesi più perfetta: non un mero oggetto del mondo ma neanche un puro concetto astratto”.
Passeggiamo nel chiostro fino ad entrare nella sala dove i monaci prendevano deliberazioni, una bella sala riccamente decorata con sedie e banchi antichi.
Guardo un’immagine di San Pietro e San Paolo, le chiavi d’oro e d’argento, il libro aperto e quello chiuso. Provo a far breccia nel cuore del mistificatore.
“Le chiavi sono quelle dei piccoli e dei grandi misteri, il libro aperto è la religione rivelata, quello chiuso l’essenza esoterica di quella stessa religione. Ha un che di alchemico non trova?”
“Si certo, l’alchimia”
“Già, quella che Tritemio definiva una casta meretrice che trasforma gli ingannati in loquacissimi ingannatori. Un’arte anche quella. La sua invece come la definirebbe?”
Due secondi di silenzio, neanche mi guarda. Forse ha capito il mio gioco, sa che lo sto smascherando. Voglio portarlo a crollare.
“Dipingere non è soltanto il mio lavoro distinto dalla mia vita, ma è un tutt’uno con essa. Perciò i miei dipinti mutano continuamente, a seconda di come cambia la mia esistenza, delle nuove esperienze che affronto o delle nuove persone che incontro.
Accanto a questo aspetto personale della mia arte c’è anche una componente più universale e sociale.
Non credo alle teorie moderne per cui l’arte non debba servire a nulla ed essere inutile per essere considerata tale. Credo al contrario che l’arte debba tornare a servire.
“Servire” nel senso di essere utile a qualcuno per uno scopo preciso, come un’icona lo è per chi la usa per pregare.
“Servire” anche nel senso di essere al servizio di una visione del mondo più grande che non comprende soltanto l’arte”.
“Parliamo della sua mostra personale che si terrà dal 26 Marzo al 16 Aprile a Corbetta, presso Milano. Lei sposa e mette su tela le idee di Aleksandr Dugin, un pensatore certamente discusso in questo momento storico, la domanda è semplice: perché Dugin?”
“Ho iniziato ad interessarmi al pensiero di Dugin da pochi anni, nel 2019 è stato pubblicato in Italia il suo libro “Soggetto Radicale”, io lo lessi e ne rimasi folgorato. Dugin è uno dei pochi filosofi contemporanei che ha una vera Weltanschauung, cioè una visione del mondo che comprende ogni aspetto della vita: dalla politica, alla geopolitica, all’economia, alla metafisica, alla religione, all’arte.
Non si può dunque definire il suo pensiero limitandolo ad un solo settore.
A me interessano i suoi libri più visionari perchè mentre li leggo mi balenano davanti agli occhi molte immagini. Non tutti gli autori riescono a indurmi questo effetto, ma Dugin è uno di questi.
La figura del “Soggetto Radicale” da lui teorizzata mi è apparsa subito di fronte agli occhi, dunque ho dovuto dipingerla.”
Proseguiamo passeggiando nell’area del presbiterio sotto gli sguardi attenti dei dipinti. Scene bibliche accompagnano i nostri passi: Adamo ed Eva, il sacrificio di Isacco…personaggi ideali, archetipi che ci giudicano.
Lo incalzo di nuovo, “la sua mostra personale a Corbetta inizia proprio durante la guerra, molti artisti avrebbero evitato di esporre dei quadri apertamente ispirati agli scritti di Dugin o avrebbero annullato la mostra. Lei invece no, ha confermato la mostra. Perchè?”. La domanda pare interessarlo particolarmente.
“Credo che mai come ora sia fondamentale conoscere il pensiero di Dugin poichè nei suoi libri, già dieci anni fa, descriveva chiaramente quello che sarebbe avvenuto oggi e delle motivazioni che stanno dietro agli attuali eventi.
Credo che conoscere non significhi giustificare, si può anche criticare Dugin, e in alcune cose potrei farlo anche io, ma prima bisogna averlo studiato.
Altrimenti si rimane nell’ignoranza, la quale genera sempre una paura irrazionale come quella che oggi si sta producendo nei confronti del popolo e degli autori russi.
Se si conosce qualcosa, invece, la si può anche combattere, ma si smette di temerla.
Nello specifico i miei dipinti sono ispirati alla parte più metafisica e metastorica del pensiero di Dugin, in cui egli prende a piene mani da autori che ritengo fondamentali come Nietzsche, Heidegger, Evola e Guènon, adattandoli alla realtà odierna. Il suo pensiero politico invece è rivolto prevalentemente al popolo russo, dunque non potrà mai corrispondermi totalmente.”
“Cosa vuole comunicare con le sue opere?”
“Attraverso i miei quadri spero di riuscire a trasmettere un pò della passione che mi spinge a dipingerli. Mi piacerebbe anche trasportare nelle opere una scintilla di quella conoscenza che trovo racchiusa nei libri, poichè credo che le immagini, nella loro sinteticità, riescano a trasmettere allo spettatore determinati concetti in modo più immediato rispetto alle pagine di un libro. Non ho la pretesa di insegnare nulla, i miei sono soltanto degli spunti da cui il pubblico può partire per intraprendere dei percorsi personali.
Mi piace molto anche dipingere su commissione, perché trovo che non ci sia niente di più bello di una persona o ancora meglio una comunità, che sentano l’esigenza di avere un’immagine che li rappresenti o trasponga in opera un loro ideale fondativo, quindi chiamino e usino un pittore per questo loro fine.
Infine vorrei che i miei dipinti fossero dei portali verso il piano dell’immaginazione, che non significa fuggire dalla realtà, ma anzi, a volte, significa riuscire a vedere per la prima volta la vera realtà delle cose. Credo che l’immaginazione sia un senso, un‘abilità innata dell’uomo, che in questo momento storico si è atrofizzata, a causa sopratutto della tecnologia, del cinema, del bombardamento quotidiano di immagini che ci hanno tolto il tempo e lo spazio per immaginare in modo autonomo.
La pittura è utilissima per coltivare l’immaginazione, poiché accenna ma non dice tutto, dando la possibilità allo spettatore di aggiungere qualcosa di suo, come ad esempio immaginare la storia che un dipinto racconta, il dialogo dei personaggi, la colonna sonora, i vari significati dei simboli rappresentati, a prescindere dalle intenzioni dell’artista. Il cinema ad esempio non lascia tutto questo spazio di manovra allo spettatore, è più dittatoriale.
I dipinti andrebbero osservati a lungo, almeno per alcuni minuti, per comprenderli.”
Ormai è un fiume in piena, pare posseduto da uno spirito antico, atavico, un fuoco sacro che ribolle dentro. Oppure è tutta una finta, una abile recita, un personaggio creato ad arte e per l’arte, un vestito che butterà via questa sera o tra qualche anno.
“Abbiamo visionato le opere che saranno presenti alla mostra. Quale è a suo parere l’opera centrale che ne riassume il significato?”
““La Grande Mezzanotte” credo sia una delle mie opere più riuscite. Viene rappresentato un uomo su una barca a remi che trasporta un albero sempreverde, sullo sfondo si vede un paesaggio desertico dove non cresce più nulla, al centro del dipinto si trova l’Uovo Cosmico incastonato in una figura geometrica bianca e nera che rappresenta il dualismo tra Luce e Tenebra e i cicli cosmici che si susseguono periodicamente. Credo che il paesaggio desertico rappresenti il periodo storico che stiamo vivendo e l’uomo che conserva per il futuro uno dei pochi alberi rimasti la missione degli artisti contemporanei.”.
Ci avviamo all’uscita, mi mancano pochi minuti, so che fuori dalla Chiesa il mistero sarà rimasto tale: quest’uomo è un artista o un abile attore che recita una parte? Devo muovermi.
“Quali sono invece le sue prospettive artistiche per il futuro? Quali progetti ha già in mente?”
“Attualmente mi sto dedicando allo studio dell’arte sacra e delle icone. L’arte sacra è veramente su un livello superiore rispetto a quella profana e scardina tutti gli schemi moderni con cui siamo abituati ad intendere l’arte. Non vorrei fare icone, poichè non ne sono in grado, ma riuscire a portare un pò di quello spirito all’interno dei miei lavori.
Inoltre in questo periodo, nel calderone di due alchimisti, sta lentamente prendendo forma un progetto di cui presto sicuramente sentirete parlare, questa volta faremo sul serio, useremo il piombo!”
Di nuovo l’alchimia, di nuovo la casta meretrice. Ha parlato di due alchimisti, mi chiedo se sia la sua ennesima fantasmagoria. Il sole alto ci accoglie fuori dalla Chiesa. Il nostro tempo è finito.
“Buon mattino a lei”, il suo saluto mi colpisce come una staffilata e non attende neanche la mia risposta che già si è voltato e se ne sta andando.
Guardo i riflessi solari sui suoi capelli grigi, pare un fantasma di Dickens.
La mia domanda rimane senza risposta e ci rimugino sopra: “è un artista o sta recitando una parte?”.
Lui di certo lo sa. O forse non lo sa?
Opere in ordine di apparizione nell’articolo:
“Magnus Opus” – olio su tela – 200×200 cm – 2017 (copertina dell’articolo)
“La caverna di Platone” – olio su lino – 100×70 cm – 2020
“Preghiera” – creta cruda dipinta ad olio e carta – 20cm circa – 2022
“Gesù dorme nella tempesta” – acrilico e tempera su carta – 28×38 cm – 2022
“La Grande Mezzanotte” – olio su lino – 70×100 cm – 2020