È innegabile come la spiritualità stia vivendo un particolare momento di crisi nell’Occidente, con le religioni rivelate che perdono sempre più fedeli e ministri ed un generale e diffuso ateismo e materialismo.
Tuttavia, essendo sempre presente nell’uomo il desiderio di Dio, molti sono i disorientati che cercano in religioni orientali o in cammini iniziatici una propria dimensione spirituale, una pratica, una via che possa condurli verso il trascendente.
Abbiamo oggi la possibilità di intervistare un appartenente all’Antico e Mistico Ordine Rosae-Crucis, che gentilmente si è reso disponibile a rispondere ad alcune nostre domande*.
I Rosa+Croce hanno dato un forte impulso all’esoterismo occidentale, alla lotta contro il materialismo ed alla riscoperta delle facoltà latenti nell’uomo. L’Ordine appare e scompare spesso lungo la storia e la sua eredità è raccolta e perpetuata dagli studenti rosacrociani che, come il nostro ospite di oggi, nel segno della Tradizione, portano avanti attività di studio e di esoterismo operativo.
UC: Prima di cominciare con le domande dell’intervista, Le chiederei di farci un breve excursus storico ed “esoterico” dell’Ordine al quale appartiene.
R: Bene, è certamente opportuno dare qualche riferimento. In questo senso si può definire l’A.M.O.R.C., acronimo di Antico e Mistico Ordine Rosae-Crucis, come un movimento tradizionale, iniziatico e filosofico. È tradizionale perché, di epoca in epoca, viene tramandato per suo tramite un insegnamento specifico ed univoco; è iniziatico in quanto sviluppa un percorso che si snoda attraverso passaggi rituali, oltreché spirituali, da una condizione definita “profana” ad una di acquisita maggiore consapevolezza; è infine filosofico poiché gli argomenti trattati al suo interno coinvolgono un insieme di principi, idee e convinzioni tali che su di essi i membri ritengono di poter fondare la propria concezione della vita.
A questo proposito è opportuno sottolineare che l’A.M.O.R.C. è totalmente privo di qualsiasi assunto dogmatico, in ragione del fatto che ripone sulla libera ricerca personale dei membri l’obiettivo dell’assunzione della piena conoscenza.
Il Movimento è stato fondato a New York nel 1915 da Harvey Spencer Lewis (1883-1939), primo Imperator dell’Ordine, sulla base di un’iniziazione Rosa+Croce ricevuta a Tolosa, in Francia, nel 1909 e di una filiazione mistica con la Fraternità che, all’inizio del XVII° secolo, si rese nota in Germania (esattamente a Kassel) mediante la divulgazione di due Manifesti anonimi, la “Fama Fraternitatis” (1614) e la “Confessio Fraternitatis” (1615), cui seguì, in Francia (più precisamente a Strasburgo), la pubblicazione del Romanzo alchemico “Chymische Hochzeit” (1616).
In questi Testi si narrano le straordinarie vicende di Christian Rosencreutz, comunemente ritenuto il fondatore dell’Ordine Rosa+Croce, e si difende la filosofia rosacrociana, considerata una fiaccola capace di portare luce nella vita degli uomini.
Ciò detto, è fuor di dubbio che la Confraternita abbia origini più antiche… Difatti, già nell’Opera “Silentium post clamores”, datata 1617, il dotto tedesco Michael Maier (famoso autore del Libro di emblemi conosciuto come “Atalanta fugiens”) asserisce che i Rosa+Croce: «sono i successori dei collegi dei bramini indù, degli Egiziani, degli Eumolpidi di Eleusi, dei Misteri di Samotracia, dei Magi di Persia, dei Gimnosofisti di Etiopia, dei Pitagorici e degli Arabi»… andando a certificare, in sostanza, l’esistenza di un unico Ordine Rosa+Croce che si paleserebbe sotto varie forme, con ciclici risvegli ed assonnamenti, durante i secoli.
Più precisamente l’A.M.O.R.C. ritiene che sia stato il faraone Thutmose III (1481-1425 a.C.) a riunire le “Scuole dei misteri” esistenti all’epoca in un’unica Fratellanza e che, successivamente, il faraone Amenofi IV (1375-1334 a.C.) ne avrebbe proseguito l’operato, sotto il nuovo nome ufficiale di Akhenaton, attraverso l’istituzione della religione “amarniana”, frutto della speculazione teologica dei sacerdoti di Heliopolis e basata sul culto monoteistico – o perlomeno enoteistico – del dio Aton (iconograficamente il Disco solare).
Oggi l’Antico e Mistico Ordine Rosae-Crucis è un movimento diffuso in tutto il mondo. Ne fanno parte donne e uomini di ogni nazionalità, religione ed estrazione sociale. La giurisdizione di lingua italiana, in particolare, ha sede dal 2004 a Ornano Grande, sulle pendici del Gran Sasso, nel comune di Colledara (TE). La Grande Loggia è ospitata all’interno di un antico palazzo nobiliare, che è in corso di graduale restauro.
Dal punto di vista amministrativo, invece, l’A.M.O.R.C. opera nel nostro paese in veste di Fondazione (fino al 2014 come Associazione riconosciuta). Perciò le sue attività sono sottoposte al controllo dello Stato Italiano, attraverso la Prefettura di Teramo, che vigila sulla correttezza della gestione e sulla coerenza della stessa con le disposizioni dello Statuto, oltreché, ovviamente, sul rispetto di tutte le disposizioni di legge della Repubblica.
UC: Fatta questa premessa, secondo Lei in Occidente esiste ancora ricerca esoterica? Se sì, quest’ultima cosa può dare alla comunità generale italiana ed europea?
R: È del tutto innegabile che in occidente, come nel medio e nel lontano oriente, esistano ancora oggi delle Scuole iniziatiche più o meno tradizionali, al cui interno la ricerca esoterica costituisce il fulcro di studi, approfondimenti e condotte operative. Soprattutto se con l’aggettivo “tradizionale” si vuole indicare l’attività di trasmissione diretta e continuativa di quella “dottrina metafisica” della quale la comunità umana è – più o meno coscientemente – depositaria.
Nell’A.M.O.R.C., in particolare, attraverso i Lavori di Loggia e nei Pronaoi (organismi più piccoli rispetto alle Logge), vengono poste in essere le condizioni capaci di favorire l’effettivo sviluppo di quelle “facoltà latenti” cui si faceva cenno nella presentazione dell’intervista. La ripetizione di gesti e movimenti, vocalità e suggestioni che si conservano da millenni senza subire alterazioni costituiscono il segno tangibile di una “presenza” che non solo “esiste”, ma è anche capace di unire tutti i membri dell’Ordine al di là del tempo e dello spazio.
Naturalmente, è anche vero come non sempre le grandi Scuole di pensiero iniziatico in occidente esercitino al loro interno una reale attività esoterica. Questo fattore dipende, nei differenti luoghi e nei diversi tempi, anche dalle peculiarità – quindi formazione e sensibilità personale – di coloro che su quei sentieri si sono posti in cammino.
Se poi la questione verte su cosa questi studi possano dare alla società dei nostri tempi, italiana od europea, ebbene, qua il discorso si fa più spinoso. Da un lato, senz’altro, una maggiore consapevolezza di cosa possa essere l’“ente uomo” in quanto tale, giacché l’esoterismo – essendo arte della correlazione – ben si presta a definire l’individuo entro i margini del “cosmo” che lo circonda, tracciandone, anche in chiave simbolica, misura e rapporti. Dall’altro, tuttavia, come qualsiasi vaglio filosofico, anche lo studio esoterico, nonostante ponga a disposizione dell’adepto un potente arsenale ermeneutico, non può definirsi esaustivo, soprattutto in termini di risposte alla crescente domanda di “felicità” posta dalla civiltà occidentale.
UC: Cosa aspettarsi, allora, da questi percorsi? Cosa possono dare in particolar modo ad un giovane?
R: Ci si può aspettare tanto, essenzialmente un punto di vista inaspettato sul mondo. Intendendo per “mondo” quello proiettato su di noi dai media, siano essi di comunicazione di massa (internet, ad esempio, con i suoi “socials”) o monodirezionali (cinema, televisione, giornali). Ovvero quell’insieme di informazioni per mezzo delle quali creiamo i nostri convincimenti ed i nostri rapporti con ciò che ci sta intorno.
Purtroppo ciò che viene veicolato attraverso questi canali è quasi sempre la forma, con la società relegata al ruolo di guardiana – spesso neppure consapevole – di un “velame” ordito a nascondere l’essenza più genuina del reale.
Ecco, lo studio esoterico può lacerare – magari solo per un attimo – questo schermo, facendo passare la coscienza individuale da una condizione di segregazione più o meno patinata ad uno stato di “ruvida” libertà.
Naturalmente è del tutto evidente che questa emancipazione non significa affatto il raggiungimento di una qualche forma di “felicità”, piuttosto va a costituire una precisa presa in carico di “responsabilità”. Prerogativa che, non più mediata dal linguaggio collettivo, diventa autenticamente personale, con tutto ciò che questa condizione determina nei riguardi della “verità”.
Poiché, se la felicità è tutto sommato uno stato mentale riconoscibile – si è felici oppure no – la verità è invece una condizione dell’essere molto lontana dalla mera annotazione di un dato di fatto.
Può sembrare strana questa affermazione, ma è proprio nell’intendere la verità come una grandezza che varia al variare del nostro agire, ovvero della responsabilità che contraddistingue la nostra azione verso “altri”, che essa si vivifica in un sistema di relazioni capace di tenere insieme anche il suo contrario. Su questo punto, in particolare, rimando alle profonde riflessioni del teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer, che pagò con la vita la sua attività di resistenza al nazismo durante gli anni del Reichstag.
Ecco, questa “verità” è per l’appunto il terreno dell’etica, dove può germogliare – attraverso il lavoro dell’uomo – il seme del bene, inteso come amore e giustizia. Certamente, un terreno da dissodare con fatica.
Credo basti questa disamina a spiegare il perché oggigiorno tanti giovani – e non solo loro – preferiscano farsi affascinare dalla “mondanità”, dall’effimero, dal vacuo, nella ricerca di una “felicità” che resta tuttavia orfana del terreno sicuro sul quale svilupparsi, che non può certamente essere quello dei lustrini, sulla cui superficie tutto scintilla ed incanta, ma poi scivola.
In questo senso, un giovane che voglia avventurarsi sul sentiero iniziatico può scegliere di non barattare se stesso per questa lusinga, sovente una bugia, scoprendo il gusto di confrontarsi con aspetti inusuali del proprio rapporto con le cose, con il prossimo, con la propria interiorità.
UC: Quali sono gli strumenti che una seria via iniziatica mette a disposizione dell’individuo?
R: Possono essere tanto mezzi materiali quanto immateriali. Per quanto riguarda i primi l’Ordine al quale appartengo mette a disposizione degli opuscoli cartacei, chiamati “Monografie”, inviati mensilmente ai membri secondo il rispettivo “Grado” d’appartenenza. Ogni plico postale ne contiene quattro (se ne studia uno a settimana), ed al loro interno viene esposto, man mano che si avanza nel percorso coscienziale, l’insegnamento tradizionale Rosa+Croce come tramandato attraverso i secoli.
Tuttavia, sebbene le monografie siano una componente importante per i nostri studi, lo strumento principale resta il rituale, con i suoi notevoli significati esoterici ed il carattere cerimoniale di natura collettiva.
Oltre a ciò l’A.M.O.R.C. – in particolare – pone una grande attenzione all’aspetto mistico, quindi immateriale, dell’apprendimento. In questo senso una considerevole importanza rivestono pratiche quali la visualizzazione, la concentrazione, la contemplazione, la meditazione, l’emissione dei suoni vocali tradizionali, etc.
I suoni vocali ad esempio, salvo che per la ripetizione continuativa, costituiscono dei veri e propri “mantra”, la cui modulazione esplica una benefica influenza fisica, psichica e spirituale. La meditazione, invece, rappresenta il cardine di un sistema di progressione interiore il cui fine è quello di stabilire un contatto stabile e duraturo con il piano invisibile dell’esistenza. Le altre pratiche mistiche, infine, vanno a risvegliare progressivamente le innumerevoli facoltà latenti che sono proprie dell’uomo, ma che il sistema educativo ordinario non considera.
Così, più in generale, possiamo dire che qualsiasi supporto materiale offre uno sprone all’approfondimento intellettuale delle nozioni rivelate attraverso di esso, mentre le manifestazioni esperienziali istituiscono quella che possiamo definire come la “via dinamica” alla piena partecipazione alla vita dell’Ordine.
Tutto ciò ben consapevoli che considerarsi degli “iniziati” non vuol dire aver raggiunto alcuna dignità particolare, per questo motivo i membri dell’A.M.O.R.C. si definiscono semplicemente “studenti”… I Rosa+Croce storici rappresentano per noi rosacrociani un esempio luminoso al quale tendere; un ideale di “umanità” da difendere, nonché da diffondere in presenza delle giuste condizioni.
In questo senso diventa importante il concetto di “Egregore”, un termine che indica l’unione degli intenti spirituali di un gruppo, quando questi siano coscientemente posti al perseguimento di un obiettivo comune.
UC: A suo parere, a cosa è dovuto l’avanzare dell’ateismo e la perdita di fedeli delle religioni rivelate, in particolar modo di quella cattolica?
R: Ci sono due versi della poesia “A Silvia” del poeta Giacomo Leopardi che potrebbero ben rispondere a questa domanda, quando l’autore si interroga sulla “sorte delle umane genti”, cito: «All’apparir del vero / Tu, misera, cadesti»… Ecco, fuor di metafora, quella speranza che cade al mostrarsi del reale (il “vero”) – cioè la morte della giovinetta, con tutti gli interrogativi esistenziali posti dalla sua prematura scomparsa – è appunto la fede.
Salvo tuttavia chiedersi, ancora una volta: cos’è il vero?
Se per “verità” si intende il dato sensibile della società dei consumi, che finisce per “consumare” lo stesso soggetto “consumatore” – occultandone poi il cadavere – è perfettamente comprensibile come la perdita della fede, o quantomeno il suo arretramento, sia da annoverare tra gli inevitabili corollari.
Eppure, in questo Occidente sempre più omologato, burocratizzato, imbarbarito nel proprio immobilistico benessere materiale, quasi scarnificato di sogni ed idealità, siamo sicuri che il “vero” non possa essere ridefinito?
Ebbene, a questa domanda la Chiesa cattolica ha cercato di fornire una risposta “in linea con i tempi”, rivestendosi di una forte carica umanistica e sociale che – per quanto positiva e lodevole – non è stata capace di continuare ad accompagnarsi adeguatamente alla pratica di quella teo-logia – dialogo umano sul trascendente – di cui pure resta meritevolmente depositaria. Forse stimando questa precipua speculazione, almeno ad un certo punto della sua storia millenaria, un fardello troppo arduo da sopportare.
Si consideri, a supporto di quanto affermato, la notevole differenza – precisamente a livello esoterico – tra la messa “tridentina” e quella post-conciliare: dalla dimensione verticale, con il sacerdote trait d’union tra la comunità e l’Est inteso come orientamento “ad Deum”, al piano più accentuatamente orizzontale dell’uomo, in cui il contatto con il numinoso si fa più incerto; dalla più incisiva risonanza del sacrificio compiutosi sul Golgota, ove la verità si compie proprio nel momento in cui assume su di sé la responsabilità del mondo intero, ad una cerimonia maggiormente “corale”, nella quale la sacralità liturgica è meno spiccata.
Così, quello che avrebbe voluto essere un “avvicinamento” si è tramutato, nel tempo, in un “allontanamento”, e la forza spirituale – quindi mistica – della stessa celebrazione eucaristica ha cessato di avere moto centripeto, per risultare anzi forza centrifuga sia per i fedeli sia per i futuri possibili ministri del culto, con i noti fenomeni delle “chiese vuote” e della crisi vocazionale.
Stesso discorso vale per l’ateismo, la cui fenomenologia è sostanzialmente simile: una società privata del sacro – nella quale mutilo del sacro è sovente lo stesso contesto religioso – non può che partorire, a sua volta, individui disinteressati al “divino”.
Beninteso: per le suddette ragioni sarebbe più opportuno definire questi atei come “involontariamente non credenti”.
UC: Se questo è il contesto attuale, perché un uomo o una donna dovrebbero rivolgersi ad una via iniziatica?
R: Già… perché? Il mio incipit non voglia sembrare irriverente, semplicemente rifletto sulla straordinaria varietà di risposte che potrebbero essere date a questa domanda. L’adesione ad un percorso iniziatico, infatti, è sovente un mix di giusta predisposizione personale, fermezza d’intenti ed adeguate circostanze.
Ad ogni modo, non si intraprende un simile cammino per obbedire ad un “dovere” – sia pure gli si attribuiscano i migliori intenti e le più alte finalità – quanto piuttosto per perseguire un piacere… ovvero, per il profittevole arricchimento di quella che fino alla prima metà del XX° secolo veniva chiamata “anima”, ed oggi le neuroscienze definiscono – con supposta maggiore precisione – “coscienza”.
Così l’uomo, essendo l’essere vivente dotato del più alto livello di consapevolezza, può convenientemente dedicarsi alla ricerca esoterica ed alla spiritualità, poiché entrambe queste discipline sono capaci di donare – almeno in senso prospettico – un miglior discernimento circa se stessi ed il proprio destino.
UC: Qual è lo “stato dell’arte” nell’Italia attuale? L’Ordine di cui fa parte gode di buona salute? Per quelle che sono le sue conoscenze, reputa che le Scuole iniziatiche riescano a portare avanti i loro progetti?
R: Lo “stato dell’arte” nel nostro paese ci parla di una situazione composita. A fianco di Ordini con centinaia, se non migliaia, di affiliati operano una miriade di confraternite ed associazioni filosofiche i cui membri non superano le poche decine.
D’altronde, è pure evidente che il maggiore o minore numero di aderenti non può essere considerato criterio discriminante circa la “qualità” del messaggio trasmesso. Sovente, infatti, piccoli organismi riescono ad avanzare nei loro lavori esoterici e mistici laddove Scuole più “titolate”, al contrario, segnano il passo.
L’A.M.O.R.C., in particolare, proprio nella sua giurisdizione di lingua italiana, vive oggi un momento di grande speranza. Nello scorso mese di agosto, durante il Convegno Mondiale tenutosi a Roma, il Gran Maestro Claudio Mazzucco è stato installato Imperator dell’Ordine. Certamente questa circostanza porterà un grande beneficio spirituale a tutti gli organismi della giurisdizione italiana, finora minore rispetto ad altre nel mondo, consentendole presto di raggiungere numeri più congrui alla sua importanza e di poter esprimere il pieno del suo splendore.
Comunque, ritornando al contesto generale è innegabile come questo appaia, invero, piuttosto modesto. E non tanto per i contenuti – che pure vi sono e non mancano di potersi ritenere validi – quanto per le modalità, frequentemente inefficaci, di trasmissione degli stessi. Questo perché la forma, spesso, non riesce ad affrancarsi da una gestione meramente “amministrativa” della sacralità che pure la dovrebbe permeare a livello mistico, con la conseguenza che, almeno sul piano ideale, la trasmutazione dell’adepto si vede minata fin dall’origine.
Certo non sempre è così, ma è bene non prestarsi a comodi infingimenti ed anzi sottolineare come l’incontro con il numinoso non sia mai una faccenda semplice… Ricordo, a questo proposito, il misterioso episodio biblico di Genesi 32:24-31 in cui si narra della lotta notturna (particolare da non sottovalutare) di Giacobbe con l’angelo; tra l’altro in un momento particolare della vita del personaggio, che potremmo asserire giunto – nella circostanza e prendendo in prestito altri versi famosi – ad “una selva oscura, che la diritta via era smarrita”. Ne seguirà un ferimento, ma anche la benedizione impartita dall’antagonista.
Ecco: affinché questo tipo di “incontri” possano verificarsi, conservando tutto il loro valore teofanico nonostante la “lotta” sia traslata in passaggi mistici meno cruenti, è necessaria una contezza iniziatica molto profonda. Possederla o meno significa anche ritrovarsi davanti oppure eludere quelle eventuali “difficoltà” menzionate nella domanda, le quali derivano – il più delle volte – da incomprensioni e false aspettative.
In questo senso la possibilità di vivere la sacralità del mistero nella sua integrità e purezza è proprio una delle caratteristiche dell’A.M.O.R.C., perché la componente ritualistica ed iniziatica dell’Ordine fornisce la possibilità di far partecipe lo studente rosacrociano delle conoscenze eterne descritte nei miti di ogni epoca e luogo.
D: Chiarite le difficoltà, ritiene che oggi le Scuole iniziatiche abbiano dei veri e propri “nemici”? Se sì, quali e perché?
R: Ahimè, sì, ne hanno tanti, di vecchi e di nuovi. Tra quelli già sperimentati in epoche passate il principale “avversario” resta sicuramente il dogmatismo. Tra quelli moderni senz’altro il materialismo – peraltro citato in apertura d’intervista – con il suo corollario rappresentato dal meccanicismo, e lo scientismo, il quale, sorto nell’ambito del positivismo francese della seconda metà del XIX° secolo, oggigiorno condiziona largamente il giudizio di tanti uom
ini e donne che ritengono unico sapere valido quello proposto dalle scienze fisiche e sperimentali.
Qui sta pure un nodo particolarmente critico della situazione attuale, meritevole di approfondimento.
Nel settembre del 1525, a Venezia, il teologo francescano Francesco Zorzi dava alle stampe l’Opera intitolata “De harmonia mundi totius cantica tria”. In essa l’idea che tramite l’esegesi linguistica dell’ebraico – i cui grafemi sono tuttora considerati di natura sacra – si potessero schematizzare importanti aspetti della realtà e complessi concetti filosofici. Tutto ciò al fine di individuare il segreto rapporto numerologico, quindi anche musicale, tra quanto esistente nel microcosmo – il mondo terreno – e quelle “sfere” (forme geometriche perfette) che si reputava costituissero l’universo.
Ora, senza volerci addentrare nei complessi aspetti ermetici e cabalistici del Trattato di Zorzi, desidero portare l
’attenzione su un punto che considero assolutamente sorprendente: ovvero il radicato convincimento, in un mondo dominato – all’epoca come oggi – da disequilibri politici ed economici, condizioni di vita spesso terribili e lotte religiose (ricordo l’avvio nel 1517 della riforma luterana, che porterà allo scisma protestante), di una proporzione armonica divina, capace di superare in sé ogni apparente asimmetria ed idonea a risultare intellegibile all’uomo dotato di adeguato ingegno.
Domando: non è questa “harmonia mundi”, in fin dei conti, un’altra delle possibili descrizioni di quella “verità” cui ci si riferiva in precedenza?
Su questo punto desidero essere ancora più esplicito.
Tralasciando gli accenti anticlericali legati alla figura di un pensatore come Giordano Bruno – pressappoco coeva a quella dello Zorzi – bisogna ammettere che alla “modernità” difetta, quasi del tutto, quella capacità immaginativa di cui il nolano fu forse il più straordinario interprete rinascimentale.
Quando Bruno parla di “materia vitale infinita”, infatti, si pone nella prospettiva di una sintesi tra i concetti aristotelici di “atto” e “potenza”, derivandone la descrizione di un universo che diventa, per l’osservatore, veicolo insieme inclusivo ed esclusivo di esperienza del divino.
Così attraverso le immagini, le figure, i “Diagrammi” da lui stesso immaginati nel suo “Sigillus sigillorum”, l’unicità del trascendente si esplicita nelle infinite forme della materia, lasciando ad ogni individuo la libertà di risalire a quella “verità”, mediata dall’interpretazione simbolica della natura, che è Dio stesso.
Però non più un Dio fisso, statico, come quello medioevale, ma attivo, dinamico… il cui centro va a coincidere con ogni “punto di coscienza” nellʼinfinità dei mondi, così da ritrovarci – nuovamente – al cospetto di quella “verità di relazione” già delineata.
A questo proposito segnalo un Testo alchemico precedente, ma pubblicato per la prima volta a Francoforte nel 1550, conosciuto con il nome di “Rosarium philosophorum”, nel quale pure si allude – per il tramite di XX Illustrazioni corredate da didascalie – alla spiritualizzazione della sostanza sensibile, nonché alla possibilità del raggiungimento della “vita eterna” tramite l’integrazione degli opposti nel processo trasformativo del “solve et coagula”.
Se volessimo riprendere un concetto espresso nel famoso prologo del romanzo “Il nome della rosa” di Umberto Eco, potremmo affermare che: seppure videmus nunc per speculum et in aenigmate la verità, quest’ultima si manifesta sempre senza inganno, spettando all’uomo l’arte di riconoscerne e decifrarne correttamente i segni.
Per questo motivo gli uomini, pur non essendo per se stessi “verità” e neppure potendosi considerare “nella verità”, sono tuttavia “capaci di verità”. Dacché riflettendo ancora sui fatti del Golgota, appare evidente che su quel monte non viene certo redenta una colpa, quanto piuttosto certificato uno scandalo: la sostanza, divenuta vitale attraverso la discesa e frammentazione in essa dell’anima mundi, muore nella sua forma! Ed è soltanto per il tramite “filosofico” del pieno riconoscimento della propria espressione ontologica (solve) che potrà avvenire quel recupero di “integrità” (coagula) che è l’unica ed autentica “eternità”, hic et nunc, cui l’uomo può aspirare nella sua condizione di “Figlio”. Immortalità che trova nella figura esoterica di Cristo uno dei suoi simboli.
Per citare l’espressione di un Autore (René Daumal) da Voi recentemente pubblicato, è appunto questo il significato di: «le droit du plus être»; la rivendicazione di un tempo dellʼessere affrancato dalla comune rappresentazione “orizzontale”, in cui le cose sorgono dal nulla, esistono, poi ritornano nel nulla, a vantaggio di un fluire “verticale”, nel quale lo stato di coscienza diventa discrimine per lʼintuizione dellʼeterno.
UC: Pensa che aderire a una via iniziatica sia compatibile con una sincera fede religiosa o che le due strade siano incompatibili?
R: Non vi è nessuna incompatibilità. La sincera adesione ad una via iniziatica è anch’esso, in un certo senso, un atto di fede. Precisamente l’espressione di fiducia verso l’esistenza di una dimensione intangibile, dalla quale ci sentiamo attratti e verso cui proiettiamo speranze escatologiche.
Questa la ragione per la quale l’A.M.O.R.C., ad esempio, accoglie tra le sue fila sia credenti sia non credenti (quantomeno in senso stretto), ritenendo compatibile con l’appartenenza all’Ordine la pratica o meno di un credo religioso.
Tutto questo si traduce nel motto: «La più ampia tolleranza nella più rigorosa indipendenza», che pone lo studente rosacrociano nella libertà di rifiutare gli insegnamenti contrari alla sua comprensione personale o quelli che non incontrano la sua approvazione. Questo perché lo scopo del rosacrocianesimo è quello di indurre i membri a porsi degli interrogativi, piuttosto che fornire delle risposte categoriche sui vari argomenti.
UC: Come ultima domanda Le chiederei di indicare ai nostri lettori i Testi a suo parere più autorevoli e che ritiene fondamentali per farsi una idea più chiara e, soprattutto, seria sull’esoterismo occidentale.
R: Quesito non facile, quest’ultimo, tanto è vasta la mole di proposte sul tema. Possiamo affermare, in generale, che non esiste un approccio univoco all’argomento esoterico; tra ermetismo, gnosticismo, pitagorismo, culti misterici, cabala, alchimia, teosofia, etc., infatti, se pure esistesse un “bandolo della matassa” questo si dipanerebbe subito in mille rivoli e sfumature.
Differente, certo, affermare che un “capo” in effetti sussiste, ma molto più a monte. A riprova di quanto affermato ad inizio intervista riporto le parole del filosofo ed esoterista francese Louis-Claude de Saint-Martin, tanto importante per l’Ordine Martinista Tradizionale (cui l’A.M.O.R.C. è legato): «Tutte le tradizioni della terra debbono essere viste come le tradizioni di una tradizione-madre e fondamentale che, sin dall’origine, era stata confidata all’uomo ed ai suoi primi figli» (“De l’esprit des choses”, Parigi, 1800”).
Per tutte queste ragioni rifletto anche su quanto sia labile il confine tra esoterismo occidentale ed orientale, soprattutto in ambito rosacrociano…
Pertanto desidero consigliare un solo Testo, che ritengo tuttavia fondamentale, lasciando poi alla curiosità di chi legge lʼopportunità di proseguire nel cammino ove indirizzato dal proprio interesse.
l’Opera è già stata nominata in precedenza col suo titolo abbreviato, si tratta delle “Chymische Hochzeit Christiani Rosencreutz anno 1459” (in italiano “Le Nozze Chimiche di Christian Rosencreutz anno 1459”), un romanzo a sfondo alchemico attribuito al teologo tedesco Johann Valentin Andreae, pubblicato a Strasburgo nel 1616. Si tratta di un testo allegorico tanto profondo quanto vivace, nel quale viene descritto, con connotazioni religiose, cabalistiche e magico-scientifiche, un vero e proprio itinerario iniziatico, che prende avvio: «In una sera prima della Pasqua», come riporta il suo celebre incipit.
In sette giorni Christian Rosencreutz affronta il più grande di tutti i misteri, l’enigma della vita, della morte e della resurrezione; dal disvelamento che ne consegue origina proprio quella “responsabilità” che sull’Albero sephirotico è espressa dalla Via di Zayn, Lettera ebraica che simboleggia la Spada della retta discriminazione “ז”. Un “raggio” capace di congiungere la sephirah Tiphereth, il Centro inteso come principio armonizzante dell’Amore, alla sephirah Binah, il Calice colmo di ogni aspetto della Vita terrena e divina.
Ebbene, ora che l’umanità si trova al suo “ottavo giorno”, quello della potenziale rinascita, reputo sarebbe senz’altro una lettura edificante.
*Intervista autorizzata di un membro dellʼ _A.M.O.R.C._ – Le idee espresse non rappresentano gli insegnamenti ufficiali dellʼOrdine ma il pensiero dellʼautore.