Πόλεμοςπάντων μὲν πατήρ ἐστι πάντων δὲβασιλεύς(Eraclito, DK 22B53)
Ogni cosa inizia da una contesa, da una guerra. O in essa termina, per poi ricominciare. Ogni forma, ogni rivelarsi, ogni narrazione, ogni comprensione dell’essere ha origine nel moto dialettico del conflitto, di πόλεμος, in quella bellissima armonia che è la contesa, come ci insegna Eraclito.
La nostra è una dichiarazione di guerra. Lo affermiamo chiaramente, prendendo in prestito le parole di Daumal:
«…vous êtes du vide sculpté, du néant grimé. Contre vous, la guerre à outrance. Nulle pitié, nulle tolérance. Un seul droit : le droit du plus être» (Réné Daumal, La Guerre Sainte)
Un solo diritto: il diritto del più essere. Questo è tutto ciò che possiamo dire del nostro fronte. Che non intendiamo de-finire: esso è uno, ardente nella propria dialettica che si alimenta di diversità in contesa, che in tale contesa si ritrova e nell’unità che ne scaturisce si sorpassa. Le de-finizioni le riserviamo al fronte nemico, che è molteplice, separato, e tuttavia brama e promette l’unità che non potrà avere mai.
La nostra umile guerra è la guerra all’irreale, a ciò che non è e che mima grottescamente ciò che è. Quell’irreale impotente, che non sa combattere, che non potrebbe sfidarci, e che ci spinge pertanto a disertare, ad abdicare. Che strappando la nostra coscienza alla contesa, pacificandoci falsamente, trionfa su di noi senza guerra. Quell’irreale nega la guerra, nega di essere in guerra, nega persino di esistere, e in effetti, esso non è.
E dunque, come combattere un nemico che non è?
Ogni uomo, di fronte alla scelta tra l’essere e il niente, in ragione della propria natura, necessariamente si schiera, consapevole o meno che sia di farlo. Ed è uomo compiutamente, ἄνθρωπος, colui che rivolge (τρέπω) lo sguardo (ὤψ) verso l’alto (ἀνά). Colui che, guardando in alto, sappia abbandonare il proprio irreale individuale, e lasciar rilucere come un astro l’essere di cui è partecipe:
«Os homini sublime dedit caelumque videre iussit et erectos ad sidera tollere vultus» (Ovidio, Metamorfosi, Libro I, 85-86.)
Ursae Coeli, Novembre 2018