La “governance” riduce la vita pubblica al management o all’amministrazione, eliminando la politica, il conflitto e la deliberazione sui valori comuni o sui fini.
Il testo, inedito in lingua italiana e pubblicato in Francia da La Decouverte, è stato scritto a quattro mani nel 2015 dal filosofo Dardot e dal sociologo Laval. I due hanno lavorato spinti da un sentimento di urgenza, come si legge nella breve introduzione nella quale è indicato l’elemento fondamentale d’analisi: l’accelerazione dei processi neoliberisti che trasformano il modo di vivere dell’uomo e che stanno portando alla fine della democrazia. Quest’incubo che non finisce più sarebbe proprio il neoliberismo definito dagli autori raison-monde – ragione-mondo -, dando al concetto un’estensione maggiore rispetto a quella strettamente dottrinario-economica. Il neoliberismo funziona come un sistema di sapere che non lascia scampo ad altre possibili interpretazioni dei rapporti sociali, economici e politici. Una definizione che ricorda molto da vicino quella di Luciano Gallino, che, in Finanzcapitalismo, descriveva gli aspetti performativi delle dottrine neoliberiste, e che fa venire in mente Il futuro migliore, l’ultimo lavoro di Paul Mason, nel quale il neoliberismo investe antropologicamente l’uomo, assumendo la forma di un atteggiamento obbligato di consapevole sospensione del piano etico e sociale.
L’opera di Dardot e Laval si sviluppa lungo sei capitoli, nei quali sono descritti gli aspetti ideologici del neoliberismo e le sue terrificanti messe in atto nel piano economico e politico, per concludersi in un settimo nel quale sono tirate le somme del lavoro. La fondamentale premessa che accompagna tutto il testo si trova all’inizio del primo capitolo dedicato alla crisi come tecnica di governo e coincide con l’idea, presa dal Pluto di Aristofane, che la ricchezza sia un attentato rivolto verso il cuore della democrazia. La democrazia è, di fatto, la guerra contro un nemico oligarchico che, nella contemporaneità, coincide con i potentati capitalistico-finanziari, come le crisi capitalistiche del 1929 e del 2007, causate dall’anarchia del liberismo finanziario, hanno ben mostrato.
L’attentato delle élite alla democrazia ha trovato la propria possibilità di compiersi attraverso un sistema di sapere ben specifico: un’economia politica nella quale l’elemento politico è sottomesso a quello economico e nella quale esiste un pensiero unico economico: il mercato libero come solo luogo razionale in grado di definire l’allocazione delle risorse. Il mercato domina una politica che non può fare altro che mettersi nelle mani di esperti economici – espertocrazia – che prendono decisioni a vantaggio delle élite, ma con l’avvallo del voto democratico, spinto dalla fede nell’impossibilità dell’alternativa – la tecnica economica, dunque, è percepita come apolitica e neutra, mentre si tratta di una governance che andrebbe a vantaggio solo dei ricchi.
Il progetto neoliberista sarebbe fin dalla propria teorizzazione – Friedrich Von Hayek – un tentativo di negare la sovranità del popolo e di costruire una nuova forma di società nella quale il principio di diritto pubblico dovrebbe coincidere con la competitività – darwinismo sociale -, l’esistenza troverebbe il proprio senso solo nella libera intrapresa – individuo fautore di sé – e la realtà sarebbe descrivibile solo attraverso le leggi matematiche – libero mercato autoequilibrantesi. La democrazia, allora, sarebbe completamente svuotata della sua capacità di definire politiche economiche sovrane e sarebbe solo il luogo di avvallo del modello di vita individuale.
Nel capitolo quarto, gli autori portano un esempio concreto delle loro analisi: l’Unione Europea – l’impero delle norme. Nell’UE la democrazia sarebbe sospesa, poiché non si possono prendere alcune decisioni sui trattati. Dell’UE Dardot e Laval sottolineano la struttura fortemente neoliberista – per la precisione, ordoliberale -, mettendo in mostra la natura meramente economica dell’impianto di trattati che la regola: in questi non c’è un solo accenno a regole sociali e morali, bensì si trovano continui riferimenti al mercato libero come garanzia di pace e alla concorrenza come modello comportamentale. L’UE è regolata da tecniche di governance sviluppate nella fede della razionalità del mercato volte a impedire l’irrazionalità della politica, la quale va eliminata, per consentire una vita pubblica regolata dalle tecniche di management. Per gli autori l’UE realizzerebbe pienamente il modello neoliberista, estremizzando quella statunitense, poiché non solo il diritto dell’UE sarebbe completamente al servizio dei grandi capitali, ma gli stati non avrebbero neanche il controllo politico della moneta, poiché l’Euro è gestito dalla privata BCE.
Il testo si dedica con puntualità e fine dovizia alla descrizione dei metodi e degli effetti della governance nel caso di tentativo di ripristino della sovranità, prendendo come paradigma la crisi greca. Secondo gli autori, la Grecia sarebbe stata un laboratorio della presa di potere attraverso il debito: la crisi sarebbe un modo di governo. Il ricatto dei creditori avrebbe fermato la possibile rivolta contro le politiche neoliberiste, permettendo così – aggiungerei – di poter mettere in atto le più atroci politiche di macelleria sociale e di svendita di beni pubblici che hanno messo in ginocchio la nazione: taglio dei servizi pubblici, taglio dei salari e delle pensioni, svendita delle coste e delle isole, svendita dei porti.
Ma come è possibile che le persone accettino di essere così governate e di assumere sulle proprie spalle sacrifici e oneri immensi? Per gli autori si tratta di comprendere che il neoliberismo si è proposto come unica realtà accettabile e che per garantire l’accettazione di esso – e del postulato per il quale la ricchezza consente il governo per il bene di tutti – è stata messa in atto una vera operazione di egemonia culturale. Questa si regge soprattutto sui media che si rivolgono sempre agli stessi esperti economici provenienti dall’ambito neoliberista: l’esperto economico mainstream diffonde il proprio verbo, ammantandolo di verità attraverso la copertura della modellizzazione matematica e tramite la complicità delle università. Lo scopo è terrorizzare per fare accettare sacrifici che non sarebbero mai accettati in una narrazione economica differente.
Il lavoro dei due autori si conclude con una riflessione sul concetto di democrazia come comunità e con un grido di denuncia contro la sinistra liberale, che, dimentica della propria origine teorica – il socialismo e il marxismo – ha abbracciato le teorie neoliberiste, per convenienza e volontà di appartenenza alle élite.
Pierre Dardot Christian Laval, Ce cauchemar qui n’en finit pas. Comment le néoliberalisme défait la démocratie
La Découverte, Parigi 2016, ISBN: 978-2-7071-8852-6